Solitamente vivente in questa terra dove la morte risulta molto più che apparente e motivata a fare tutti i giorni il suo sporco lavoro. Avanza decisa, inospitale, indefessa come tambureggiare continuo di un esercito di scheletri composti di ossa roteanti cariche di rancore radiofonico. Come l'incalzante incedere pesante di passi salenti scale eternamente eteree della metro B a Roma. Cadenza barcollante, braccia, gambe disarmoniche, odori di gomma bruciata da tempo immemore. Visione immediata di una giornata "uguale". Il frenetico vociare intorno a me di facce vuote che a ripetizione si alternano confondendomi donandomi confusione articolata che mi impedisce di articolare pensieri e voce. Un marasma di dolori tra di loro solidali attesta la voglia di vita degli ostinati piccoli esseri spirituali trascinanti carcasse carnose fatte di materiale cedevole, ingannevole precipitose di invecchiare solennemente destinate al declino. Le offese più non valgono: restano a testimonianza di una vita che pretende molto, forse fin troppo e che non sempre da in cambio quello che uno si sforza di seminarci sopra. Figli di un coito spinto. Di una minzione priva di sali minerali assorbenti emozioni subumane.
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