Spokom - Sporadike Komunicazioni - Petrivelli Stefano

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Dubbi

 

Ho finito di essere me stesso.
Forse ho sempre finto di esserlo.
Forse non te ne sei accorto mentre lo facevo.
Neanche io.
Ho paura di me stesso perché non mi conosco affatto.
Ho paura per quello che dico e che faccio perché non mi controllo.
Forse sono solo perso nella mia continua ricerca di qualcosa che
                                        [non ho ancora ben chiaro.
Forse dico troppe cose 
e le dico in periodi troppo lunghi ed intricati.
Il fatto strano e che non me ne frega niente se la gente non
                                                         [capisce.
Sono contento se non carpisce l'essenza di quello che faccio.
Il loro non capire mi glorifica e mi fa sentire bene.
Non creo nulla per me stesso
anche per il fatto che io non creo nulla.
Non realizzo le mie aspettative.
Non mi alzo la mattina presto perché ho un lavoro da svolgere.
Lo faccio solo per combattere la mia battaglia giornaliera e
                                                        [personale
con un mondo troppo uniforme.
Odia la deformità di idee in maniera maggiore di quella fisica.
Odia la voglia di sovvertire lo stato delle cose che in millenni
                                                        [ha creato 
ed ha stabilito.
Odio quando metto dell'impegno politico e sociale in quello che
                                               [tento di scrivere.
Mi odio quando faccio della morale perché penso di non averne.
Penso di lasciare andare tutto prima o poi.
Non mi curo di chi mi fa elogi.
Non ne voglio di pareri illusori.
Io so che la vita sarà dura
e non voglio caramelle che in qualche modo me l'addolciscano.
Non voglio raccontarti della paresi mentale che mi ha colpito
nel momento in cui di certo non avevo niente.
Non voglio mica fare compassione.
La mia è rabbia.
Voluta e cercata.
Inseguita nel labirinto contorto e distorto geometricamente del
                                                    [mio cervello.
Tutto quello che metto in rima non leggerlo.
Perché è solo una forzatura inutile e cercata.
Penso che la mia psiche non esiste più
e il mio piano d'esistenza non è quello che tutti si immaginano.
Non è quello di una morte prematura.
Ne di una distruzione fisica prenatale.
Ma è quella della noia scaturita dall'estremo movimento 
che tutti i giorni mi coinvolge tirandomi dentro ad una vita che
                                     [non sono contento di vivere.
Sono così lento e rallentato ultimamente che non mi riconosco.
Non mi drogo da quel dì e non bevo più molto assiduamente.
Ho perso sane abitudini malsane che ero solito praticare.
Ho perso il cervello in fondo ad un bicchiere
e sono contento di averlo fatto
e di farlo ogni tanto tutt'ora.
Sono alienato dal mio vivere troppo lento.
Sono detestabile ed irruento.
Sono tutto ciò da cui  vorresti allontanarti.
Sono niente come te e tutti gli altri che si credono qualcuno.
Siamo solo aria fetida e stantia.
Fino a quando qualcuno non aprirà le finestre del nostro cuore
                                  [per inondarle di puro ossigeno.
Roma 23-03-2003  

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