Pericolosi scivoloni su bagnasciuga asciutti e disidratati. Botte in testa inferte con forza tale da non sfiorare neanche le idee di chi le ha ricevute. Scordo tutto quello che dovrei ricordare e faccio a meno di cose vitali ed importanti a tal punto che potrebbero salvarmi la vita. Chiedo rispetto quando non ne do e mi permetto voli pindarici su vallate nere che niente hanno di onirico e di sognante. Unto di burro usato per amare per fare dolci fragranti che deliziano sessualmente il palato. Addento la carnalità del desiderio che di te provo mordendo le tue carni che sanno di un dolce dolore e di un amaro piacere vorticoso. Perdo i miei riferimenti fisici e spirituali. M'addentro in te con fare guardingo: sto attento al tuo mordere improvviso e al tuo scattante desiderio di azzannarmi. Dotati di energia simbolica, rinnovabile e limitata sediamo sul bordo di una piscina sporca dove ci facciamo il bagno senza riluttanza alcuna sguazzando nel "nostro" sporco di cui non ci schifiamo. Dentro di essa siamo liberi e preoccupatamente contenti e spensierati. Siamo indecenti nel nostro agire e frequentiamo locali in cui una dubbia moralità si unisce indissolubilmente con un vizio alquanto puro. Detesto la presa di opposizione che ho preso. Detesto la mia malavoglia e il mio orrore per tutto ciò che ritengo troppo frivolamente impegnato. Deterioro il nostro rapporto allontanando la mia bocca da te e dalle tue orecchie sorde ma che funzionano più che bene quando sono io a non parlarti. Distruggo quello che tu hai cercato di creare tra di noi perché mi sembra surreale il nostro essere legati [materialmente troppo. Detoniamo insieme la bomba che abbiamo costruito per sancire la fine del nostro amore tetro e ricercato. Talmente riservato che non sapevamo neanche noi di amarci: ci guardiamo ormai da anni e da lontano vorremmo accennare un semplice saluto. Ma entrambi siamo solo morti dentro e vivi solo esteriormente: caldi in superficie. Siamo distanti ma ci sfioriamo lo stesso. Siamo soli, ma viviamo con una nausea dovuta alla nostra troppo lunga e morbosa convivenza con il nulla. Dotiamo altri di arsenali con cui ferirci e bandirci dai territori del nostro spirito e permettiamo loro di svuotarci e di estirparci da noi stessi. Abbiamo un terrore tale di riconoscere il nostro amore che scappiamo scivolando su meccanici elementi mal costruiti che ci feriscono l'addome anziché confessare quello che risulta fin troppo evidente. Non abbiamo appigli fissi ne alcun motivo per abbaiare ad una luna troppo pallida e acquosa che ci guarda piangendo con un sorriso ambiguo e tendenzioso stampato sulla bocca. Doniamo a noi stessi la pretesa di riuscire a farcela e di arrivare ad un punto risolutivo dove tutto è fermo e nulla più si muove. Doniamo e non pretendiamo più di incontrarci. E viviamo infelici il nostro amore perso e mai raggiunto. Falso e mai veritiero. Ritorto e contorto senza che si possa capire cosa ci spinge a comportarci in modi a noi poco congeniali. Scorre tutto come acqua salastra che bagna rive secche di un mare morto e vagamente infelice di essere quello che è. Si perde in quello che è il boscoso amore che noi proviamo per noi stessi. Per noi stessi e basta.
chiudi