Spokom - Sporadike Komunicazioni - Petrivelli Stefano

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Essere è divenire

 

Le mani fredde.
Le mani fredde con cui hai difficoltà a fare tutto.
Le mani prive di sangue.
Asciutte e con pochi capillari attivi.
Sogni funesti dove le tue appendici ruotano e s'agitano
                                          [nelle nebbie orfeiche.
Oniriche prensili dita che afferrano gli incubi notturni
                                                  [più tangibili.
Quelli che prendono forma e diventano al tatto percepibili.
L'oscurità della mente che sembra inattiva ma che in quei
                                               [momenti è realtà.
Realtà a livelli differenziali dove tu puoi veramente essere.
Essere è divenire.
Non essere per divenire.
Agognati desideri che ci costringono a essere un qualcosa che
                                     [non si vorrebbe altrimenti.
Si fa di tutto per divenire ciò che si vorrebbe essere.
Noi siamo e quindi diveniamo qualcosa.
Il cervello spento ci permette questo.
Le case dove i pazzi sono rinchiusi l'unico rifugio di
                                               [chi vuole essere.
E in funzione di ciò è.
Non sia che le braccia nere del sonno siano solo un sollievo
                                                [e un palliativo.
Il loro abbraccio e insieme freddezza agghiacciante
                                               [e calore furente.
È cura per chi non si sente a suo agio quando i sensi tornano.
E si aspetta di poter cadere nuovamente nel riposo liberatorio
                                                  [e rigenerante.
Rinvigorisce le membra di chi lotta e le meningi di chi pensa.
È invece solo una perdita di tempo per chi deve divenire qualcosa.
E per far ciò spende tempo inutile e si danna per essere
                                                  [ciò che vuole.
Se lui vedesse e sapesse ascoltare si accorgerebbe che già è.
Ed essendo è già divenuto un qualcosa più grande di
                                               [ciò che desidera.
Sonno e mattina.
Mattine che strappano dai mondi paradisiaci che creiamo in sogno.
E ci portano a contatto con realtà che poco ci appartengono.
Ma che appartengono ad altri che tengono i piedi piantati
                                                      [per terra.
Sfottono i sognatori e loro mire umanitarie e utopistiche.
Pensano alla materialità.
E la mia voglia di rifugio in me stesso e sempre maggiore.
Ogni singolo istante in più cresce.
Cresce come nel mio inconscio ferito l'indignazione per chi non è.
Il senso di una sconfitta a livello mentale.
È il senso di una vittoria a livello materiale.
Materiali di scarto che non vengono riutilizzati.
E io non m'attanaglio ne m'acciglio.
Sono un visionario che nelle visioni trova il suo conforto.
E perso nelle mie giungle mentali non chiedo altro che di perdermi.
Perdermi e non ritrovarmi mai più.
Roma 30-11-2002  

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