Non voglio entrare nel paradiso dei normali. Preferisco di gran lunga il mio inferno personale!

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Il silenzio è già passato

Silenzio.
Notte ombre
gemiti e lampi.
Un silenzio di cose ripetute.
Di cose perdute nell’assenza
della voce.
Del rumore prevaricante.
Quel silenzio che suona
come il fruscio di una
penna
che scorre su di un foglio:
scorre con la leggerezza
dell’alito di vento
sospinta dallo stesso.
Sorretta dal medesimo
silenzio.
Modesta, mai sopraffatta
dall’ansia di essere chiacchiera
ambisce all’onnipotente
aula universale
in cui regna la quiete
la sinfonia
dell’immemore
silenzio.

Il silenzio è già passato:
come al solito inascoltato
dal succedaneo dell’uomo
totalmente inebetito
dal frenetico frastuono.
Dalla sua voce
rivoltante.
Rotto da pochi sussurri
inutili.
Debilitato dal puerile
civettio di comari e compari.
Il silenzio torna
ad essere
letale assassino
del pazzo
del bambino
della badante intimorita
dall’imminente scadenza del permesso
di soggiorno.

Il silenzio torna ad abitare
le sue valli
i suoi valichi inaccessibili
le sue pause
interminabilmente estatiche.
Il suo eterno soliloquio
si espande
nelle siderali oscurità di uno
spazio
da tempo conquistato
in cui da dominatore
assoluto
si aggira solitario
il nostro muto
avventuriero.