Grandi stazioni

Solitamente vivente in questa terra
dove la morte risulta molto più che apparente
e motivata a fare tutti i giorni il suo sporco lavoro.
Avanza decisa, inospitale, indefessa
come tambureggiare continuo
di un esercito di scheletri
composti di ossa roteanti cariche
di rancore radiofonico.
Come l’incalzante incedere pesante
di passi salenti scale
eternamente eteree
della metro B a Roma.
Cadenza barcollante,
braccia, gambe disarmoniche,
odori di gomma bruciata
da tempo immemore.
Visione immediata di una giornata “uguale”.
Il frenetico vociare intorno a me
di facce vuote
che a ripetizione si alternano
confondendomi
donandomi confusione articolata
che mi impedisce di articolare pensieri e voce.
Un marasma di dolori tra di loro solidali
attesta la voglia di vita
degli ostinati piccoli esseri spirituali
trascinanti carcasse carnose
fatte di materiale cedevole, ingannevole
precipitose di invecchiare
solennemente destinate al declino.
Le offese più non valgono:
restano a testimonianza
di una vita che pretende molto,
forse fin troppo
e che non sempre da in cambio
quello che uno si sforza
di seminarci sopra.
Figli di un coito spinto.
Di una minzione priva di
sali minerali assorbenti
emozioni subumane.

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G negativo

Immaginare di essere appesi
al soffitto di legno marcio
di una fatiscente casa-catapecchia.
Più che appesi, affissi come cartelli
pubblicitari all’ingiù
Affissi con chiodi lunghi e fini
che non ce la fanno a trattenere
le doloranti carni:
scivolando verso il basso
sentendo l’acciaio freddo
sfilarsi in un dolciastro dolore scarlatto
Il pavimento è la salvezza
Quell’attimo di schianto
sopraffino e immutabile
in cui tutto esploderà
In cui schianto è libertà
In cui fracassamento d’ossa
non è altro che porre fine alla condizione
di groviera-puntaspilli che piace tanto
ai nostri torturatori mediatici
in poltrona
Distillatori di sangue gocciolante
Sintetizzatori di droghe
da dna replicato-incattivito
Inoculatori di veleno visivo
tra il violaceo ed il rosso-sangue-e-merda
Promulgatori del fascismo-inscatolato-telesivo-multidiffuso
Da centro commerciale
Da consumo-eccessivamente-indotto
Da soddisfazione-delle-proprie-voglie-e-tutto-il-resto-sti-cazzi
A dividerci dalla liberazione sta
quella lega metallica che si ritrae lentamente
Mille corpi estranei dotati di fredda vita
Mille nemici ossuti e presenti in ogni istante
Mille varicellosi stimoli profondi
provocanti brividi da paura di sopravvivenza
Tutti contro…
Compreso l’odioso attrito del sangue rappreso
e dei muscoli in tensione…
Unica complice: l’amica gravita
che lentamente ci accompagna a piccoli passi
verso l’atterraggio supremo
Verso la totale perdita di sensazioni fisiche
Verso la rinascita della voglia
Ardore-spirituale-multicolore-privo-di-bandiere

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Flag of the others

aka L’allegra banderuola

La bandiera
è il lenzuolo coprente il feretro
dell’estremo saluto
dell’eterno riposo.
È quel multicolore, vibrante
lenzuolo steso al vento
che troppo spesso
viene salutato a braccio
teso
mettendo patriottismo
e idiozia sullo stesso
piano.

Meglio non giurarci sopra:
non ci metto affatto
la mano sul fuoco.
Di fiamme tri-tonali
colorate ne ho fin sopra
i miei boccoli.

Quella bandiera
ci ricorda
ultimamente
un vilipendioso serpente 40enne
rappresentato attorcigliato
ad una croce
sullo sfondo di uno scudo
coperto di sangue.

Quella bandiera, dello scandalo,
della giustizia venduta e poi rubata,
delle stragi, dei palazzi di potere,
quella bandiera che non mi appartiene,
quell’insieme di sogni fatti a pezzi
subito dopo averli fatti,
ecco a cosa si è ridotta
‘sta bandiera.

Avvolge come ho detto
il feretro di un ideale
a cui hanno dato troppe volte
l’ultimo colpo di grazia.
Continuano a nutrire un morto
illudendolo con false promesse
di guarigione
assicurandogli l’avvento di santi e puri
uomini di stato
che risolleveranno
presto
le sue sorti
malandate.

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Fine sequestro

Untori d’inizio secolo
spandono nuova peste
bubbonica celebrale
fregandosene della psicopolizia
che cuce bocche privandole di input.
Preparano l’avvento di una nuova piaga
di dimensioni bibliche
castrante censori, sterminante malfattori
evirante falsi leader che si credono
salvatori della patria!
Ci liberano finalmente
dalla dinastia dei vecchi “stupratori”
che da centinaia d’anni
tengono in ostaggio
l’affievolita
musa della libertà!

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Energia potenziale

Anche se suona un po’
patetico
per te… farei di tutto.
Ti donerei quello che non ho mai dato
ad altre.
Ti darei il mio spirito:
goffo, stupido, timido
ma pur sempre spirito.
La mia anima che vibra
come corde di contrabbasso
pizzicate fortemente.

Se ne sei convinta (e solo se lo sei)
non lasciare che nulla
si intrometta tra noi:
gli spigoli si possono smussare.
Le posizioni divergenti
si possono appianare.

Non pretendo niente
e forse questo è un errore:
t’avrei voluto chiedere sempre
se in realtà ti piaccio per come sono.
Se ti attraggo in qualche modo.

Lo so che non posso vincere:
speravo tanto che non si intromettesse.
Gli avevo chiesto più e più volte
di aiutarti a capire
quanto tengo a te.
Quanto tutte le cose che ci possono
allontanare
contino pochissimo rispetto a quanto
possiamo condividere insieme.

Sembra veramente ridicolo
ma l’ho pregato
nel buio della mia stanza
quasi supplicandolo
genuflettendo la mia anima
davanti ad un migliaio di croci
sopra le quali
ho crocifisso i rifiuti e le maldicenze.
Dove ho sepolto in sepolcri con tanto
di pietra occludente rotonda
tutti i miei rancori
le mie rivendicazioni passate
ormai divenute totalmente
inutili ed anacronistiche.

Pronto a dare un’altra chance
a tutto e a tutti.
Sei tu la mia miccia.
La mia bomba nella testa
inesplosa.
Vorrei che deflagrando
dilaniassi il mio ego
lacerandolo di te.
Sentirti dentro
come corpo per niente
estraneo
e perire delle tue ferite
calde ed avvolgenti.

Ci sei tu, ci sei solo tu.

Vorrei donarti il mio fremito
la mia febbre malarica
in costante aumento corporeo.
Il mio potenziale è tutto tuo:
basta semplicemente
sporgersi un po’ di più
sul ciglio del baratro
per coglierlo
e sfruttarne tutte le infinite
e innate potenzialità.

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Elegia della grazia estetica

Dediti alle apparenze.
Più che esteti
sembrano tutti quanti “estetisti”
impegnati nel fare la permanente
a masse informi di materia celebrale
fuoriuscente da scatole craniche
formanti un folto ed ampio
manipolo di
materiale da prima pagina
sulla copertina del mondo
che mano a mano
si perde in vacue esortazioni
composte di nulla.
Sorridenti e badanti agli
orpelli di una vita orribile
sono promossi al ruolo di bambinaia-nutrice
allattante con bianco liquido
impermeato d’intolleranza
chi disturba il loro alto
“senso estetico”.
Mitomani dell’immagine!
Attori dediti al proselitismo
della divulgazione delle protesi mammarie
statuarie.
Presuntuosi devastatori intrisi di
furore iconoclasta nei confronti
dei non sufficientemente abili
nel crearsi un’immagine fatta di nulla.
Prepotenti figure cristallizzate
nelle menti dei dementi
vanno a completare ed arricchire
l’immaginario iconografico popolare
in cui viene a costituirsi
l’unione di una nuova bibbia
figurativa
fatta di salvatori portatori sani di lifting
e pulizia facciale contro terzi.
Deliranti devastatori di immagini costruite
siamo noi, costretti ad essere derisi
per la nostra mancanza di tatto
nella costruzione estetica del nostro ego decentrato.
Urlanti in mezzo ad un deserto fatto di
informazione distorta e rifatta
per assumere i connotati di chi
aborra il gusto scarno e privo di “bellezza”
delle parole intrise di verità
rivelatoria
denudante
figure malefiche
travestite da schiere angeliche
salvifiche.

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Ego te absolvo

Tutti i giorni feriali
alla stazione.
Tutti i santi giorni lavorativi.
Oggi. Giorno senz’altro
migliore.
Giorno di rapidi intendimenti.
Ormai conosco tutti:
i due o tre pazzi
che di sicuro sanno
e hanno capito più cose
di me.
I due o tre ambulanti
che mi ripeto
lavorano sul serio “loro”
e non si lamentano
a differenza mia.
(forse si lamentano ma non lo danno
a vedere o sentire)
Le due o trecento facce
piatte
di cui faccio fatica
sopportarne la vista:
ricambiano a pieno
tale stima.
Quelle 5 o 10 ragazze
degne di nota
che ti fanno sognare
fino al loro sguardo di
risposta.
E penso: è mattina per tutti!

Poi c’è
un tizio: mi confessa la sua farsa
con molta sincerità
mi parla di suo figlio
dei 250 euro al mese con i quali
dovrebbe tirarlo su
ed io lo comprendo.

Comprendo il poco tatto
che la vita
usa nei nostri riguardi.
Comprendo che tocca farcela.
Ad ogni costo.

Sempre alla stazione.
Preso un treno che parte.
Destinazione vita.
Destinazione eternità.

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È

La delusione è passeggera.
La tristezza è dei deboli.
Il dolore è curativo.
La stupidità è degli accorti.
La banalità è dei falsi geni.
La normalità è degli artisti.
La depressione è delle bestie.
La cocciutaggine è di chi rispetta
se stesso e le proprie idee.
La morte è di chi la porta nel cuore.
La vita, quella vera, è di chi vive affianco
alla morte senza portarla in grembo.
È di chi riesce ad essere incosciente,
impaziente, di chi vuole tutto subito.
Di chi non sa aspettare il lento divenire degli eventi.
Di chi ha sogni da realizzare adesso.
Quando è giovane e bello
e non vuole aspettare di essere stolto
e vecchio.
Sinonimo di stupido.
Probabilmente siamo tutti un po’ così.
Chi scrive, chi legge, chi guarda i reality
e chi li realizza.
Siamo tutti un po’ troppo ingenuamente umani.
Ci piace la violenza, lo spreco, la devastazione.
Per fortuna ci piace anche l’amore, l’arte.
Le invenzioni positive denotano sempre
la nobiltà dell’animo umano.
In attesa di una salvezza che non arriva.
La purezza è dei demoni intonacati color porpora.
La demotivazione è di chi ha qualcosa ancora da dire
a questo mondo futurista.
A questo mondo mosso di fronte ad una macchina
con l’obiettivo rimasto aperto per troppo tempo.
L’odio è per i dementi precoci.
L’ira è per gli impazienti.
La pazienza è dei sadici.
La goccia che perfora il mio cranio
è dolce tortura lenitiva
portatrice di saggezza.

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Dopo troppo tempo

Attacchi di neo-proletarismo.
Patriottismo mascherato da scissionismo.
Dotazione intelligente di armi deficienti
poste in mano a strateghi
maldestri ed inefficienti.
Doveri! Dov’eri quando ti cercavo.
Mah… forse nello stesso posto
in cui non ti ho mai trovato!
Nel posto in cui mi lasciasti solo e pensante
in quella notte illuminata di frescura raggelante.
In quella notte ottimistica nella quale
tutto sembra volgersi al meglio.
In cui saremmo stati un tutt’uno.
Uniti nell’importanza fugace di quel
momento intenso
a tratti ripetibile.
Meticoloso cianciare di burocrati
agili e svelti.
Bocche ingorde, accidiose,
piene di veleno, immuni alle maldicenze.
Sognami stanotte in cui il tuo
dolce sfiorarmi
non sarà presente.
In quella tua sinuosa forma illuminata
da luna sterile alquanto eccitante.
Notte di spiriti in quella tua schiena dormiente.
Sogni, di altri giorni conturbanti, di altri lidi
spumeggianti, di altri se che non vedranno mai
il proprio realizzarsi.

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Diversità di pensiero

Amare le poesie brevi
perché non si ha voglia
di leggere troppo.
Credersi poeti o scrittori
va bene solo se si ha
il coraggio e la tenacia
di dimostrarlo anche agli altri.
L’amore è la più grossa scommessa
che ognuno possa fare
e non ci sono numeri ritardatari
o calcoli complicati
che possano garantirti
una qualche sorta di riuscita.
La solitudine è assai impegnativa
ed il tempo infinito passato a riflettere
su noi stessi
prezioso e sprecato in egual misura
non ce lo ridà nessuno.
Scrivi una poesia di speranza:
intanto la nave si inclina e si accascia sulle coste
di un’isola toscana con tanto di Giglio fiorentino.
Arenata.
Impossibile riprendere la navigazione.
Apprestarsi allo sbarco.
“Il naufragio ci ha dato la felicità”
che in altro modo non potevamo ottenere.
Mediterraneo immaginato.
Esotico mondo al contrario
per turisti orientali
neocapitalisti / postcomunisti.
Malati d’ansia da ufficio.
Terminali umani stremati
con la gastrite informatica cronica.
Gioia innocente infantile
perduta nei meandri impervi
dei dipartimenti universitari.
Nelle stagistiche performance
reiterate ed infinite
prive del giusto legame
contrattuale finale.
Nei master, nei corsi di formazione,
nelle lezioni di chitarra,
nei grandiosi personaggi
demolitori d’entusiasmo passionale
onnipresenti
che trasformano piaceri
in insopportabili doveri
gravosi da sopportare.
L’arrendevolezza
è il marchio con cui vogliono
segnare a vita la gente.
Speculatori finanziari che comprano
le tue aspirazioni a suon d’insulti.
Di fallimenti imposti.
Decisori di voti.
Applicatori di etichette.
Geniali oppressori inventori
di invettive.
La speranza è quella di non soccombere.
È quella di sapere sempre reagire.
Di aiutarci a capire come mandarli
sempre dove meritano
e di lasciarceli il tempo necessario
a dimostrargli quanto si sbagliano.
Quanto il loro errore di valutazione
sia stato ampio.
Quanto alla fine conti tu
e non quanto gli altri ti vorrebbero far contare.
È un’antipatia a pelle che divide le persone
in categorie differenti
ognuna fiera di appartenere alla propria
senza alcuna voglia di sfociare
nell’ipocrisia di voler condividere qualcosa
per forza
con le parti contrarie
alla propria corrente di appartenenza.

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