Sensazioni tardo-pomeridiane

Grava un peso oscuro
sulle coscienze libere e quiete
della vecchia Europa.
Gravita attorno alle menti distratte
degli illuminati oscurantisti
lo stesso nome, le stesse idee,
le stesse posizioni!
Un velato odore nero
si estende in ogni dove
causando perturbazioni nasali
e procurando allergie
tossiche ed infettive
causanti l’annerimento
dell’animo nascosto
nelle viscere tetre di
un intestino maciullato dal cibo
sovradimensionato
e dalla costante pressione
di un epatica cirrosi
spingente, occludente,
liberi pensieri.
Predicando un sermone aulico
all’interno del padiglione
auditivo
s’avvertono gli echi del
coraggio di melodrammatiche menti
combattute
tra l’impegno e l’arrendevole accettazione
di un fato indomabile.
Morboso attaccamento a delle
ossessioni maniacali,
latrici di nervosismo,
feranti parole indicanti
l’imprigionamento all’interno
di una stasi comportamentale
che fa ricadere nella sfera
degli errori già commessi.
Moltiplicazioni tra termini inconsueti
danno il via a nuove
e complesse elaborazioni culturali
e genetiche
mirate ad un rinnovamento
del nostro concetto obsoleto
di vita!
Cosa pensi:
il mio animo tende ad un amore tetro
e negativo.
Tenebroso ed inquietante.
Una sensazione quasi di gelida
carezza sul mio corpo ormai
privo di qualsiasi entusiasmo.
C’è chi scrive cose, chi ne vive altre.
C’è chi non ama la controparte
proposta dall’amore
canonico e tradizionale.
Nonostante tutti i ma e tutti i se
c’è la speranza di pronunciare un giorno
l’ennesimo appello
alla gioia ed il rinnovamento di un patto
malsano fatto con il fato.

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Semplice ermetismo

Sono anni che lo so.
Chiamalo se vuoi
piangersi addosso.
Accettalo.
Non sono ottimista.
Tutte campanule
profumate
ben chiuse
su se stesse.
Ermetiche.
Solidali tra di loro.
Non aprite a nessuno.
Dolori frustranti
e frustrazioni
molto più che dolorose.
Altro che antico.
È un linguaggio
appartenente
al solo lignaggio che conta.
Quello dei pretesti
e delle giustificazioni
fuorvianti.

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Sei

Sei la vita.
La brezza del mare ristoratore.
Sei quell’impeto
barbarico
cardiaco
quell’intimo
sussultorio
moto interiore.
Sei la tempesta
che surclassa la calma
l’occhio del ciclone penetrante
che tutto scruta.
Sei la medusa
che paralizza i miei pensieri.
Sei la dea della mia vendetta
personale.
Sei la fortuna che mi bacia
e che fotte a bestia la sfiga.
Sei la voce tenera e sensuale
che mi viene a trovare
la notte, che mi sveglia la mattina
e mi fa sentire meno solo.
Sei la mia cavalleria giunta in soccorso
all’ultimo istante.
Necessaria come respiro.
Sei un film cult da non perdere.
Sei la musica che gira intorno
e che dona nuovo ossigeno
al mio cervello in crisi profonda.
Sei l’unica luce di cui
vorrei irradiarmi.
Sei il lato oscuro della mia
forza
che mi attrae a se
in maniera inesauribile.
Sei calamita visiva.
Incantevole
come fiaba d’altri tempi.
Sei la lettera maiuscola
messa a capo dei miei versi.
Sei il riferimento che io perdo
quando vago a zonzo per la city.
Stella polare che mi indica
il tuo nord.
Treno che mi porta
alla destinazione esatta.
Sei la pressione che sale
nelle vene.
Sei l’abbraccio rincuorante
che annulla le mie pene.

Sei…
tutto quello che a parole
descrivere non potrei.
Sei la gioia, la grandezza,
la mia immensa voglia
di salvezza.

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Scotland united

Si, si!
La vita inizia così:
lungo immense brughiere
praterie verdi sconfinate,
sotto cieli di Scozia imbronciati
e minacciosi
ma molto poco decisi a compiere
il proprio lavoro.
Un turbinio di emozioni mi assale
e dona nuovo vigore alla mia anima
combattuta e scarsamente motivata.
La bellezza mi sconvolge.
L’oro che diventa rosso.
I pensieri lasciali a Roma dittatrice.
Prigione dei miei amori inespressi
o meglio espressi ma negati.
Qui ti porti dietro soltanto birra,
schiamazzi diurni, volteggianti fanciulle ridenti,
nuvole numerose quanto pecore,
paesaggi latori di vita riempienti cervelli desertici,
due settimane di leggerezza
di una stupenda visione onirica
di un fottuto sogno a tempo determinato.
Biglietti lasciati ad italiani posteggianti
in ristretti posti auto
macchine prese a noleggio di straforo.
The next time leave me
a fucking open air.
Smart ass!!!
Festival da strada
corredato da estintori umani via inguine
scarsi soldati ambigui sposati ad un certo Teddy
palloni umani saltellanti qua e la
lungo le vie dell’esistenza.
Fidanzati darkettoni festanti.
Famigliole nordiche sorridenti e
pienamente coinvolte.
Avvolto nella nebbia a bassa quota
mi ritrovo a contemplare
un evidente opera d’arte
alla quale l’uomo ha partecipato
soltanto come comparsa.
Tale forse è il suo merito
e tale forse è la ragione per la quale
il risultato è così fine.
Cloudy day, pioggia leggera,
tempo incerto:
metafora atmosferica
per un vita ricca di passione
ed incertezze.

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Sarà la musica che gira intorno

Profeta solidale con chi dice “SI”.
Detrattore di tutti coloro che dicono “NO”.
Inventore di parabole confermanti
le proprie tesi, i propri dogmi,
le verità evidentemente importanti
per i propri interessi.

Tristezza che mi assale:
sprocizia partenopea e romana
mi travolge.
Olezzo quotidiano
lontano dal sollazzo
diverso dall’ombra dell’ontano
che concede le sue fronde
al riposo dei miei occhi.
Febbricitanti, arrossati,
fortemente allergici alle
brutalità di un mondo sferico
ma che non possono essere chiusi.
Un blefarostato li tiene aperti
costantemente
ed una nona sinfonia
mi risuona in testa
urlando
dibattendosi
divenendo così
colonna sonora
della mia
e dell’altrui
esistenza.

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Ronin

Ombre funeste
poste a guardia
dello spirito
dell’artista guerriero
che rugge dentro di me.
Citazioni da poeta romantico
m’aspettano dietro ogni angolo:
pretendono come veicolo
la mia faccia sporca di fango
che impunemente
sputa sentenze da sapiente
sfidando ogni malelingua puzzolente.
Le vampe dalle quali sono colpito
sono gli spasmi dei tarantolati
che incessantemente danzano
posseduti.
La persiana sbatte al tempo
della musica cardiaca
che mi trattiene in vita,
che mi consola con il suo costante
dibattersi:
attesta l’accorato appello
per una vita fatta
di codici marziali da rispettare
dove l’unico padrone
da servire fino alla morte
sei tu, medesimo, sottoscritto,
il fottuto conduttore
delle tue armate
sulle terre
degli oppressori esterni
che t’impongono dogmi
la cui valenza
lascia il tempo che tu
sei disposto a trovargli
tra i tuoi dubbi
e i tuoi sterili tentennamenti.

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Robert Johnson… 1° estratto sulla ruota lisergica di Roma

Pomeriggio tendente a sera
da ubriaco.
Degustazioni ipocaloriche.
Cibo per celiaci.
Organismi biomeccanici
modificati.
Alito di vento mefitico.
Programmi di un palinsesto
vuoto che rasenta
la pochezza.
Immondizia regalata:
dono per principesse
perse nella parte bassa
della città.
Un lisergico viaggio
di rima trattata al petrolio
intrisa di acido
pervasa dal misticismo
del bounty killer
portatore di cinica
giustizia.
Vendetta – Vendesi – Wanted.
Aggiungi un’altra riga:
tracciane una sulla
frase che non gira.
Causa malfunzionamenti
linguistici.
Strappi sostanziali
sui fogli ingialliti
del mio romanzo autobiografico.
Stappali sti due litri
di rosso:
offrimi un viaggio gratis
nel tuo vigneto allucinogeno.
Grappoli blu, rossi,
tendenti talvolta all’indaco
premurosamente freddo.
È il trionfo del gioco
del lotto.
Delle parole estratte a caso
dal vocabolario.
È il confermarsi del mio impeto
dialettico
del mio riversarsi
simile a valanga
fangosa
sommergente orecchie
da tempo sorde
agli stimoli della voce.
È l’ennesima ricerca
tra mille spazi bianchi
del mio amore
rabbiosamente perduto
e mai ritrovato.
È il vagare sul limitare
del confine:
la mia anima a penzoloni
su fili di stendini.
Il mio corpo che vibra
di furore diabolico:
stringo patti illegali
nei pressi di incroci suddisti
che mi rendono finalmente
nuovo cantore
dei miei tempi malandati.

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Ritorni sentimentali

Sempre isolato
dal mondo
dei normali
il pensiero
“tuo”
è un’alba di speranza
che distrugge
in maniera
radicale
tutti i tentennamenti
che mi fanno vacillare
verso l’abisso
della tristezza.
Tutto ciò
che non implica
gaia gioia genuina
distrugge e travolge
per donarmi di nuovo
calma e serenità.
Una calma ed una serenità
che solo tu
sai far tornare.

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Ripostigli

Cantine di ricordi
messi sotto chiave:
soave è il clangore
altisonante che pervade le aule
“vuote” del cuore.
Mi chiedi risposte
per domande che non mi sono mai posto:
quieto cerco di restare
di fronte alla
tua insistente opera di persuasione
mirata ad estorcermi
informazioni
ottenute “con il sangue”.
Chiedile alla gatta morta
appesa al gancio.
Chiedile a quella bocca
aperta sul mio collo:
nauseabonda, puzzolente,
quasi nociva per l’olfatto,
ma parlante, urlante,
vocifera verità inumane
in dialetti incomprensibili.
È l’unica risposta al “tuo”
tentativo di chiusura
della bocca principale.
Elaborare, adattarsi.
Spingersi oltre limiti
incomprensibili.
Scrivere oltre i margini
dell’esistenza,
rime al curaro
che nessuno mai leggerà,
sui bordi confusi e cupi
di un giornale comunista
passato di moda,
andato in rassegna a revisionisti
storici destrorsi.
Discorsi, rimandi,
link verso pagine interattive prive
di contenuti significativi.
Dati che non hanno codifica
restano informazioni criptiche
negli archivi affollati del mio
cuore urlante.

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Repetita iuvant

La vita è una donna che straparla.
Sinceramente
a me non va più di sentirla.
Ripete sempre
le solite frasi scontate
e prive di intelligenza.
Parla e si ascolta da sola.
Ed io sono stufo.
Stufo di inseguirla.
Di subirla.
Di recitarla
secondo un copione
scritto chissà da chi.
Di assecondarla.
Di pregarla.
Di pagarla
per ogni piccolezza
a noi concessa.
Di difenderla.
Di sopportarla.
Di perdonarla
per ogni torto
da noi subito.
Di glorificarla.
Di santificarla.
Di assolverla
per ogni amico
che ci ha ammazzato.
Di consolarla.
Di cullarla.
Di rassicurarla
ogni qualvolta si dimostra
totalmente incerta nell’avanzata.
Di assicurarla.
Di rimembrarla.
Di processarla
quando si dimostra
per l’ennesima volta sleale.
Di salvarla.
Di preservarla.
Di sognarla
spesso diversa da quello
che è attualmente.
Di sostituirla.
Di fotterla.
Di sfotterla
quando fa fin troppo la ganza
e non se lo può permettere.
Di estenderla.
Di sopprimerla.
Di interrogarla
in terzo grado quando rimango
al buio della mia stanza roteante.
Di promuoverla.
Di affittarla.
Di abitarla
in quanto essere
messo controvoglia in questo mondo.
Di sudarla.
Di separarla.
Di ottimizzarla.
Di osteggiarla.
Di proteggerla.
Di prestarla.
Di prostrarla.
Di affossarla.
Di dosarla.

Insomma
in sostanza sono stanco
di viverla.
O meglio di viverla in questa maniera.
Per i sopraccitati motivi
e per tutti quelli che vi ho
gentilmente risparmiato.

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